C’è un momento in cui le stagioni smettono di raccontarsi da sole e iniziano a chiedere risposte. La Virtus Francavilla è a quel bivio. Dopo un girone d’andata altalenante e un triplo cambio in panchina, i biancazzurri si trovano adesso a due partite dalla fine con un obiettivo chiaro: conquistare i playoff.
L’ultima fotografia della squadra di Coletti racconta una formazione viva, trasformata nel morale e nell’atteggiamento. Dopo l’ennesima svolta in panchina, l’ex centrocampista ha portato nuova linfa: due vittorie, cinque pareggi e una sola sconfitta — contro la seconda forza del campionato, la Nocerina. Risultati che non gridano al miracolo, ma che hanno ridato dignità e coesione a un gruppo che sembrava essersi smarrito.
E pensare che il 2024 si era aperto con le promesse della risalita immediata. Dopo il tonfo nei playout contro il Monopoli, la società si era mossa con decisione: Montervino in dirigenza, Ginestra in panchina, e una campagna acquisti pensata per dominare. Il campo, inizialmente, aveva dato ragione al progetto: otto vittorie tra campionato e coppa, un attacco travolgente e un Franco Sosa in formato capocannoniere. Poi il blackout: sei sconfitte in pochi turni, crisi di risultati e fiducia, fino all’esonero inevitabile.
Con Rogazzo non è arrivata la scossa: sette gare, zero vittorie. I numeri parlano da soli. Ed è qui che Coletti ha raccolto un’eredità pesante, riuscendo quantomeno a raddrizzare la rotta. A due giornate dalla fine, la Virtus è sesta a quota 46 punti, appena dietro il Fasano (47), ultimo vagone buono del treno playoff. Alle spalle, però, incalzano Matera (45) e Nardò (44): e proprio contro i granata, in trasferta, si giocherà il penultimo atto della stagione.
Il calendario dice Nardò e poi Ugento, per chiudere esattamente dove tutto era cominciato. Due partite, due storie da scrivere. I playoff non sono una consolazione: rappresentano la possibilità concreta di rilanciarsi, di dare un senso a una stagione sofferta ma ancora aperta.
Per riuscirci, serviranno cinismo, personalità e l’orgoglio di un gruppo che ha imparato a cadere ma, finalmente, sembra aver imparato anche a rialzarsi.
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