Una prestazione da dimenticare, un esame di maturità fallito. Da Castellammare arrivano messaggi inequivocabili: il Bari non è ancora una volta squadra matura per guardare oltre, i playoff rimangono sulla carta un obiettivo possibile e alla portata ma con questo tipo di prestazioni sarà difficile centrarli o sperare - se va bene - di fare un buon percorso. Contro la Juve Stabia una inferiorità su tutta la linea: tecnica, tattica, agonistica, di intensità ed atteggiamento. Risultato? È venuta fuori una gara peggiore di quella del girone d’andata, malgrado il risultato sia lo stesso (per un complessivo 6-2): alla prima di campionato mancavano ancora tanti titolari e la squadra era in fase di rodaggio, adesso era lecito aspettarsi miglioramenti e dare segnali di crescita dopo la vittoria col Frosinone.
Del resto lo avevamo detto: la gara contro i ciociari era stata interpretata tutto sommato bene, ma contro la formazione napoletana sarebbe stato lecito aspettarsi ben altra prestazione. Fatta di idee e di coraggio: invece è mancato tutto. Esiste modo e modo di perdere, nel calcio legittimamente può succedere. Il Bari ha scelto il peggiore: prima con un approccio molle alla gara ed in avvio di ripresa dati i gol subiti, poi con una reazione tardiva nel corso degli ultimi 25 minuti di partita. Troppo poco perché poi, quando ti esponi alle ripartenze avversarie, soccombere è un pericolo che ti ritrovi dietro l’angolo. Certo, le assenze di Maita e Benali si sono fatte sentire: i biancorossi della propria spina dorsale a centrocampo non possono fare a meno. Anche perché l’esperimento di mettere assieme Maggiore e Maiello non ha funzionato: manovra difficile e poca verve. Ma anche difficoltà nel poter mettere a punto certi meccanismi da subito. Rete di Gaston Pereiro e grinta di Bellomo a parte, per il resto, non si salva nessuno.
Esame di maturità fallito in chiave playoff (a questo punto della passata stagione eravamo e siamo sempre a 33 punti), ma il problema è più profondo: questo Bari continua ad essere vittima delle proprie fragilità e di un carattere poco solido. Ed i campi caldi li soffre. Per la prima volta viene anche difficile condividere la disamina finale di mister Longo: per lui la fisicità degli avversari ha prevalso, ma soprattutto la squadra avrebbe dato tutto e la partita non era parsa all’altezza delle caratteristiche di determinati giocatori. Può anche esserci un fondo di verità in questo, ma è la mentalità che può derivarne ad essere quella sbagliata. Perché in realtà i biancorossi sono apparsi più rinunciatari ed in altre situazioni avrebbero potuto ottenere risultati migliori. Ad ogni modo non è un bel segnale quello che è giunto: serve riflettere e tanto. La sconfitta del Menti è soprattutto la sua sconfitta: tatticamente e moralmente. Se gli avversari hanno avuto più voglia di te qualcosa non va.
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